mercoledì 8 febbraio 2012

Siamo ancora merce di scambio. Intervista a Graziela Rodriguez

Il sistema capitalista e patriarcale ha posto alla base del suo potere economico il lavoro domestico delle donne

Argentina, da piú di 20 anni vive in Brasile, a Rio de Janeiro, da sempre è impegnata nei movimenti sociali e in particolare nella lotta delle donne per l’uguaglianza delle opportunità. Graciela Rodriguez, coordinatrice della Rete Internazionale Genere e Commercio (IGTN), è una donna che sicuramente non si rispecchia in quella infelice caratterizzazione data dal nostro ex Presidente del Consiglio nel corso del faccia a faccia con Prodi di giorni fa: “non si trovano donne disposte a lasciare casa e marito per impegnarsi in politica”. La incontriamo a Roma, invitata dal Campidoglio per intervenire durante la seduta aperta del Consiglio Comunale dell’8 marzo; è appena arrivata da Parigi ed é in partenza per Ginevra.
Come tutte le donne latinoamericane Graciela è molto curata, sorridente, disponibile malgrado l’evidente emozione di dover intervenire durante la seduta, spontanea e disinvolta al punto di chiedermi di farle una foto mentre parla per poter ”documentare l’evento”. Ma sarebbe un errore scambiare la sua mancanza di formalitá per improvvisazione perché Graciela è una donna molto preparata che rappresenta una rete di donne, femministe, specializzate in questioni di genere, che provengono da 8 grandi aree regionali del mondo: Africa, Asia, Caraibi, Asia Centrale, Europa, America Latina, Nord America, Pacifico. L’organizzazione di cui è Coordinatrice Generale fornisce assistenza tecnica sui temi di genere e commercio a gruppi di donne, Organizzazioni Non Governative, movimenti sociali, Governi, Istituzioni accademiche e attua da catalizzatore politico con lo scopo di allargare lo spazio per una critica, con una prospettiva femminista, sulle questioni del commercio e della globalizzazione. IGTN ha tra i suoi fini anche quello di costruire una cooperazione Sud-Nord con l’obiettivo di uno sviluppo più giusto e di politiche commerciali piú democratiche. La Rete Internazionale Genere e Commercio nasce nel 1999 dopo un seminario, organizzato nella città di Granada, al quale parteciparono 48 donne del Nord e del Sud per discutere del “libero”commercio e degli impatti degli accordi commerciali sulla vita delle donne. Ci troviamo di fronte ad un gruppo di donne che ha scelto di occuparsi di macroeconomia proprio per occuparsi della vita delle donne e capire in che modo le politiche degli Stati si ripercuotano sulla vita delle persone e in particolare del genere femminile.
Durante l’intervento al Comune di Roma, che purtroppo ha dovuto tagliare per motivi di tempo, ha tenuto a sottolineare come la giornata dell’8 marzo sia un momento importante per fare un bilancio sull’attualità della lotta per i diritti delle donne e per lanciare nuove sfide per il movimento femminista.

Parlaci un po' della situazione delle donne in America Latina?
In America Latina, particolarmente in Brasile, negli ultimi due anni, la partecipazione delle donne è aumentata in misura significativa nella vita pubblica e nell’impegno per la conquista dei diritti. In generale, dagli anni ’80 è aumentata la partecipazione al reddito: le donne lavorano di più, consumano di più e, sempre in maniera crescente, assumono il ruolo di capofamiglia. Tutto ciò è estremamente positivo ma, malgrado i progressi di cui ho parlato, è necessario evidenziare che esistono ancora forti disuguaglianze, specialmente nel mercato del lavoro, che si traducono in pregiudizi e nella forte differenza salariale esistente fra uomini e donne. A parità di impiego e formazione, le donne guadagnano fino a tre volte meno degli uomini, una situazione, questa, aggravata dalla discriminazione di cui sono fatte oggetto le donne di colore.

Quali sono, a tuo parere, le ragioni di queste disuguaglianze ancora così forti?
Sono diverse e molteplici. Secondo me bisogna far riferimento ad alcuni elementi che spesso non sono sostenuti nei movimenti femminili e che contribuiscono a mantenere tale questa situazione. Per esempio la scarsa considerazione in cui viene tenuta la prospettiva di genere in fase di analisi e formulazione delle politiche macroeconomiche e sociali. La mancanza di prospettiva di genere negli studi e nei programmi contribuisce a mantenere invisibili le disuguaglianze fra uomini e donne e finisce con il sostenere le distorsioni del mercato impedendone il superamento. Sarebbe stato necessario saper prevedere le conseguenze che il modello neoliberista applicato in Brasile e in America Latina negli ultimi decenni avrebbe comportato. Tale modello ha effettivamente causato profonde modifiche nella vita economica dei paesi che hanno dovuto sottoporsi ai processi di flessibilizzazione della produzione, di privatizzazione dei servizi pubblici, di apertura indiscriminata ai capitali stranieri, nonché all’aumento del commercio internazionale e tale situazione ha inciso negativamente sulla qualità di vita degli uomini e delle donne, sull’uguaglianza sociale e sull’uguaglianza di genere.

Da dove nascono queste disuguaglianze?

Dal sistema capitalista e patriarcale che ha posto alla base del suo potere economico il lavoro domestico delle donne e cerca di perpetuare questo schema perché è funzionale alla sua esistenza.

Puoi farci un esempio concreto di come le politiche liberiste incidono direttamente sulla vita delle persone e delle donne in particolare?
Il caso della privatizzazione dell’acqua potabile è ben rappresentativo. Quando andiamo a vedere in che cosa si è tradotta la privatizzazione dell’acqua potabile, il cui pretesto era migliorare la qualità del servizio, ci rendiamo conto che per la maggior parte delle donne il risultato è che sono loro a doversi occupare di portare l’acqua in casa e a gestirla con parsimonia, in condizioni penose che, in definitiva, appesantiscono il lavoro domestico.

In questo momento in America Latina stanno governando coalizioni progressiste che, in maniera differente, si oppongono alle politiche neoliberiste e stanno cercando una strada propria per lo sviluppo, ma la mia sensazione è che la questione femminile non sia tenuta nella dovuta considerazione, mi riferisco a temi come quello della salute riproduttiva che è ben lungi dall’essere affrontato…
Si, hai ragione. Purtroppo le questioni femminili sono spesso usate come merce di scambio. Questa è una contraddizione che dovrà emergere perché è sempre più evidente che mentre le donne avanzano in tutti i contesti i rappresentanti politici restano indietro e non sono capaci di rilanciare la sfida dei diritti.

A proposito della vittoria di coalizioni progressiste, cosa pensi della recente affermazione di Michelle Bachelet in Cile? Qui in Italia si è dato grande risalto alla notizia ed è stata portata all’attenzione di tutti proprio per il fatto che la Bachelet fosse una donna.
Si, in effetti al di là della sua collocazione politica e della coalizione che la appoggia, che è più progressista nelle parole che nei fatti, Michelle è un simbolo per tutte le donne. Tra l’altro è una persona che ha vissuto la sua militanza nei movimenti sociali e ha acquistato credibilità tra la gente proprio per questo.

Se tu dovessi indicare una donna sudamericana che sia rappresentativa del continente e della lotta delle donne per l’affermazione dei diritti….
Sono tante le donne che hanno speso il loro impegno per rendere migliore la vita del loro popolo…in questo momento mi sembra giusto ricordare Blanca Chancoso una leader indigena ecuadoriana, appartenente all’etnia kichwa, una lottatrice sociale molto riconosciuta anche dal suo popolo per l’autorevolezza e forza con cui si è impegnata per i diritti dei popoli indigeni e delle donne.

(7 aprile 2006)

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