mercoledì 8 febbraio 2012

Diritto o concessione?

La vicenda CAI, in cui alle lavoratrici non viene riconosciuto il diritto all’esonero dal lavoro notturno, così come previsto dalla legge sulla maternità, ci racconta lo smantellamento delle tutele e la scarsissima attenzione alle famiglie

 
 
Che le imprese da sempre abbiano cercato di sottrarre diritti ai lavoratori a vantaggio del profitto, alzando sempre la posta in gioco e forzando la mano, non è una novità per nessuno. Ma negli ultimi anni stiamo assistendo ad una completa deregolamentazione del mondo del lavoro che mette a rischio diritti e tutele acquisite e per i quali si è combattuto a lungo. E così se Marchionne rappresenta ormai il prototipo di questo modo di fare, c’è stato un caso precedente a quello di Pomigliano, in cui una grande azienda è riuscita a scardinare regole, consuetudini, contratti. Si tratta della CAI/Alitalia salutata al tempo come un gruppo di patrioti. “La cordata subentrata all’ex compagnia di bandiera annovera una lunga lista di piccole grandi deroghe alle regole, che vanno dal mancato rispetto di una serie di accordi sottoscritti al momento dell’accordo per l’acquisto, all’inosservanza di leggi nazionali ed europee nate per tutelare i lavoratori e le lavoratrici” riferisce Bernardo de Vries, presidente di Family Way, un’associazione di piloti ed assistenti di volo attiva nella difesa dei diritti dei lavoratori ed in prima linea per la conciliazione tra famiglia e lavoro. “Nel momento del passaggio da Alitalia a CAI tutti i lavoratori sono stati costretti a firmare una nuova lettera di assunzione che conteneva una clausola, diretta a quei lavoratori e lavoratrici che avrebbero potuto usufruire dell’articolo 53 della legge 151 sulla maternità e cioè l’esonero dal lavoro notturno, in cui lo stesso lavoratore rinunciava a questo diritto”. In particolare l’articolo 53 del D.L. 151 stabilisce che il genitore in coppia con figlio minore di tre anni, quello single con figlio convivente fino a 12 anni e il lavoratore o lavoratrice con a carico un soggetto disabile non possono essere obbligati a prestare lavoro notturno. Una assistente di volo, di cui per ovvie ragioni non faremo il nome, racconta che “al momento della firma della lettera di assunzione non c’era con noi né un sindacalista né un rappresentante dei lavoratori. Accanto alla lettera di assunzione c’era un altro documento che spiegava che, nel caso in cui non avessi firmato, avrei perso anche il diritto alla cassa integrazione”. In pratica la firma del contratto era subordinata ad una rinuncia di un diritto. Alcuni lavoratori firmano coscientemente, e quindi sotto ricatto, altri firmano addirittura senza rendersi conto, perché la clausola in questione ha una formulazione piuttosto ambigua: “Ella dichiara, nell’assoluto rispetto della legislazione vigente, la propria disponibilità ad effettuare la prestazione lavorativa su turni di lavoro che comportino avvicendamenti sull’intero arco della giornata lavorativa, ivi compresi eventuali pernottamenti”. E’ evidente come l’“assoluto rispetto della legislazione vigente” abbia tratto in inganno più di un lavoratore/lavoratrice. Alla consegna dei primi turni di lavoro infatti comincia la battaglia. Ancora de Vries racconta che “le mamme che si sono ritrovate con turni che prevedevano 4-5 pernottamenti di seguito fuori casa si sono presentate all’ufficio del personale pensando di dover ripresentare la documentazione che attestava i requisiti ad essere esonerate dal lavoro notturno ma l’ufficio inizialmente non ha voluto neanche accogliere la documentazione e quando l’ha accolta, a fronte delle forti proteste, non l’ha neanche protocollata”. I lavoratori e le lavoratrici si accorgono di quanto firmato, decidono di organizzarsi e nasce la mailing list “Le inCAIvolate”. Da questa esperienza si costituirà Family Way. Ricorsi, interrogazioni parlamentari, in sede italiana ed europea, lettere, interpellanze, le lavoratrici in questi anni le hanno messe in campo proprio tutte per vedersi riconosciuto il proprio diritto ma sembra di sbattere contro un muro di gomma. Le risposte, da quelle parlamentari a quelle avute dal Ministero Pari Opportunità, convergono tutte sulla tesi CAI di “specificità del modello organizzativo dell’azienda”. In data 26 giugno 2009, in seguito a due audizioni in Commissione Infanzia che, a detta di Family Way devono aver dato luogo a pressioni, CAI decide di ‘concedere’ alle lavoratrici con figli al di sotto di tre anni e di bambini disabili l’esonero dal lavoro notturno. Ma si tratta di una concessione unilaterale dell’azienda e non del riconoscimento di un diritto.
La lotta delle lavoratrici madri CAI continua.

Per informazioni: www.familyway.it

Testimonianze di due lavoratrici – assistenti di volo CAI
 


“Io e il mio compagno siamo entrambi assistenti di volo CAI. Siamo una famiglia allargata e abbiamo 4 figli. Tutti minorenni ma sopra i tre anni. L’organizzazione familiare è complicatissima. Quando mi viene consegnato il turno di lavoro io sono costretta ad usare i miei permessi e le malattie bambino per spezzarlo e consentire una mia presenza in famiglia. Però è evidente che mi gioco i permessi perché non mi viene riconosciuto un diritto. E in più mi gioco una parte dello stipendio perché nel nostro nuovo contratto la parte di stipendio fisso è molto piccola e invece aumentiamo il salario in base alle ore volate; una sorta di cottimizzazione. Questo riduce drasticamente il reddito quando usufruiamo di permessi. Un’altra cosa che mi risulta insopportabile è che mi ritrovo a volare, nello stesso aeromobile, nello stesso equipaggio, con assistenti di volo che sono stati ‘acquisiti’ da Airone e non da Alitalia godono quindi dell’esonero notturno.”

 


“In tema di tutela della maternità e della paternità sul POSTO di LAVORO, ci sono due realtà... distinte e lontane.... Quella legislativa (L. 151 a tutela della maternità e della paternità e L.198 contro le discriminazioni) che tutela il lavoratore SULLA CARTA in tutto e per tutto e poi c’è la disastrosa realtà contrattuale, dove sindacato e azienda, ignorando completamente la legislazione, sottoscrivono contratti, lettere di assunzione, accordi extra contrattuali, discriminanti. Il sindacato avendo sottoscritto clausole vessatorie non può più difendere il lavoratore facendo causa all’azienda. Il lavoratore è costretto così a rivolgersi ai tribunali del lavoro, da solo e a sue spese. Dopo 2 anni di lotte per l’esonero dal lavoro notturno, dopo aver interessato tutte le istituzioni preposte alla tutela, abbiamo ottenuto una concessione a discrezione dell’azienda. Abbiamo un contratto che non nomina e non tutela economicamente la maternità e questo sta disincentivando le donne a fare figli. Il salario in maternità viene calcolato sulla base dello stipendio fisso che è molto basso in quanto la maggior parte del nostro reddito viene dalle ore che passiamo in volo. E’ più conveniente ammalarsi o andare in cassa integrazione volontaria con reintegro del posto di lavoro a spese dei contribuenti che fare un bambino! Questo è quello che succede da noi.”





(27 Novembre 2011)

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