mercoledì 8 febbraio 2012

Intervista a Aurora Donoso. Ecologiste in Ecuador

Difendono la foresta amazzonica, i popoli indigeni e i contadini. Sono le donne di Acciòn Ecologica, ong nata venti anni fa per combattere lo sfruttamento petrolifero quale agente inquinante del pianeta


Por la llanura de la noche cruza
Una pequeña luz que cabecea:
Ella es mi pecho roto en el que tiembla
La fiebre inextinguible...

(César Dávila Andrade, Poema No.1)


“Sono una delle fondatrici di Acciòn Ecologica. La nostra associazione nasce dalla fusione di due gruppi: da una parte alcune persone che si occupavano di comunicazione e dall’altra un gruppo di biologhe, entrambi interessati alle tematiche ambientali. Sin dall’inizio eravamo in maggioranza donne e questa tendenza si è mantenuta nel tempo. E’ una cosa speciale far parte di un gruppo di donne militanti con un intenso impegno politico e un forte attivismo basato su una non violenza attiva. Il tipo di azioni che abbiamo portato avanti di conseguenza sono state molte creative”.

Ad esempio…
Abbiamo occupato il Parlamento il giorno in cui si sarebbe dovuto approvare un accordo di cooperazione economica bilaterale con gli Stati Uniti che era preparatorio al Trattato di Libero Commercio. L’azione non fu organizzata ma nacque spontaneamente, e fu un successo perché, dato che quello era l’ultimo giorno utile per l’approvazione, il trattato non fu firmato.

Che cosa è e di cosa si occupa Acciòn Ecologica?
E’ una Organizzazione Non Governativa che nasce in Ecuador nel 1986; è una delle prime associazioni che ha messo in primo piano il tema dello sfruttamento petrolifero come una delle principali cause dell’inquinamento locale e globale. A partire da questa lotta ci siamo resi conto dell’importanza della difesa della foresta amazzonica, dei popoli indigeni e dei contadini che la abitano. Negli anni si sono andate aggiungendo altre lotte, sempre a difesa dell’integrità ambientale e dell’equilibrio dei gruppi sociali, come quelle contro lo sfruttamento delle miniere, del legname, delle cameroneras che hanno distrutto circa il 70% dell’ecosistema delle mangrovie in Ecuador; contro le monoculture per l’esportazione, comprese quelle legate allo sviluppo degli agrocombustibili, falsa e nefasta soluzione al problema energetico; contro l’utilizzazione degli Organismi Geneticamente Modificati; contro le fumigazioni, sia quelle iniziate negli anni ’70 con la cosiddetta rivoluzione verde che tendeva ad incrementare la produttività dell’agricoltura da esportazione, sia quelle attuali inerenti al Plan Colombia che avrebbero come obiettivo l’erradicazione delle piantagioni di coca e che invece colpiscono le popolazioni locali e la foresta. Su questo ultimo punto il nuovo governo ecuadoriano ha ottenuto che si fermi l’uso di agenti chimici perlomeno a 10 chilometri dalla frontiera con il nostro paese. Abbiamo promosso anche delle Campagne internazionali come l’Osservatorio Oil Watch, una rete di organizzazioni dei paesi tropicali che monitorano l’andamento dello sfruttamento petrolifero e le conseguenze socio ambientali e la recente Alleanza dei Popoli del Sud Creditori del Debito Storico, Sociale ed Ecologico per analizzare le responsabilità della distruzione planetaria e i suoi impatti sociali.

Su cosa state focalizzando la vostra attenzione in questo periodo?
Io mi sto occupando della creazione di un Istituto di Studi Ecologici nel Terzo Mondo e della Campagna per il riconoscimento del Debito Ecologico che rilancia la campagna nata dal Giubileo del 2000 per la remissione del debito. Vogliamo mettere a confronto una posizione che vede il condono del debito basato sul perdono con una visione che lo lega, invece, ad un fatto di giustizia storica. Dopo anni di saccheggio e di sfruttamento ai danni dei paesi del Sud: chi deve a chi? Questo tema non è stato discusso e approfondito a sufficienza ma per noi c’è un debito dal Nord verso il Sud accumulato in quanto a sfruttamento di risorse naturali, lavorative, violazioni dei diritti umani… Se volessimo quantificare questo debito arriveremmo a cifre immense molto superiori ai nostri debiti esteri. Per questo chiediamo, in una logica globale, l’annullamento totale dei nostri debiti esteri come segnale di riconoscimento dello sfruttamento precedente.

Come pensate che si possa far fronte al problema della richiesta di energia che viene da tutto il mondo?

Riducendo, nei paesi che maggiormente utilizzano le risorse, il consumo di energia e di prodotti inutili e non necessari; in tutto il pianeta incrementando il commercio locale e di piccola scala e tendendo all’autosufficienza energica e produttiva. Promuovere la sovranità alimentare è la strada giusta. Faccio l’esempio assurdo del mio paese che esporta, patate e riso, di cui è produttore, per poi riacquistarne una parte per il consumo interno.

In Ecuador si è insediato il governo progressista del Presidente Correa. Come si pone rispetto alle vostre campagne?
Innanzitutto questo governo si è autonominato il nuovo governo della rivoluzione cittadina. Molte delle persone chiamate a collaborare da Correa vengono da esperienze di impegno sociale ed ecologista, come ad esempio dell’ex Ministro per l’Energia, Alberto Acosta, ora impegnato nell’Assemblea Costituente. Proprio attraverso di lui è stata lanciata l’importante campagna per la moratoria dell’estrazione petrolifera nel Parco Nazionale di Yasunì che il Presidente ha poi annunciato alla comunità internazionale durante una riunione delle Nazioni Unite a settembre. L’Ecuador rinuncerebbe ad estrarre il petrolio da questa zona ricchissima in biodiversità, in piena giungla amazzonica, in cambio della costituzione di un fondo internazionale, quantificato con l’irrisorio prezzo di 5 dollari a barile non estratto, i cui interessi potrebbero essere utilizzati per pagare il debito estero o per progetti sociali. Il governo Correa apre, così, una politica innovativa dimostrando che un paese petrolifero può fare proposte che vanno al di là del puro sfruttamento delle risorse. I paesi industrializzati, principali responsabili dell’inquinamento globale, dovrebbero accogliere positivamente questa inversione di tendenza.

Quale la situazione generale in Sud America?

Penso che sia molto importante il rafforzamento delle relazioni tra i sud del mondo e il tentativo di liberarsi del Fondo Monetario Internazionale che nei nostri paese per anni ha deciso le politiche interne intaccando la sovranità nazionale. Il presidente Correa ha chiesto ufficialmente l’uscita dal paese del rappresentante della Banca Mondiale perché quando era Ministro dell’Economia ha subito il ricatto di questo organismo quando decise di cambiare la destinazione di proventi petroliferi dal pagamento degli interessi sul debito estero verso investimenti sociali; per tutta risposta il rappresentante della Banca Mondiale bloccò un finanziamento già avviato. L’alternativa è la proposta della formazione di una Banca del Sud gestita da tutti i paesi sudamericani.

Quale è il ruolo dei movimenti sociali, e in particolare del movimento indigeno, in questa fase?

Ecuador la CONAIE – Confederazione Nazionale di tutte le Etnie Indigene – nasce lo stesso anno di Acciòn Ecologica. E’ un movimento speciale che ha i suoi alti e bassi ed abbiamo trovato naturale collaborare in molti momenti con loro. Penso che in questo momento sia molto importante, nel mio paese, il ruolo dell’Assemblea Costituente, votata a settembre e che si insedierà a dicembre, che rappresenta gran parte del pensiero dei movimenti sociali e delle proposte dei gruppi più impegnati a livello locale. E’ una grande opportunità di partecipazione cittadina e mi sembra importante sottolineare che la metà dei costituenti è di genere femminile come stabilito dalla legge elettorale varata dal Governo Correa.

(4 dicembre 2007)

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