“Penso che tutte le donne del mondo abbiano una scala di valori simile, che siano felici e infelici per le stesse cose”
Disegna
i suoi personaggi con quattro dita per ricordare a se stessa che non
sono reali. Vive in un paradiso, come lei stessa lo definisce: una casa
sulla costa uruguayana, a 50 metri dall’oceano, dove passa delle estati
mondane e degli inverni assolutamente solitari in compagnia di suo
marito e della sua ultima figlia, Antonia di 5 anni. Maitena non sembra
affatto una donna “a fior di nervi” come quelle della sua fortunata
serie di vignette. Al contrario, ha l’aspetto di una che è pienamente
soddisfatta della sua esistenza e che ha raggiunto un perfetto
equilibrio dopo una vita molto “movimentata”. Nella sua casa de La
Pedrera incontro Maitena Burundarena, disegnatrice argentina, autrice
delle vignette che escono settimanalmente sullo “Specchio” de La Stampa,
oltre che nella Nación di Buenos Aires, nel quotidiano spagnolo El País
, nel francese Le Figaro e in altri 15 paesi tra Europa, Stati Uniti e
Sud America; creatrice delle “donne a fior di nervi” e delle “donne
dalle vite smagliate” dell’omonima serie di libri. Mi trovo davanti una
donna simpatica, con una risata coinvolgente, che mi parla della sua
vita in modo sereno e pacificato davanti ad una vetrata con vista
sull’oceano.
E tu come ti relazioni con quello che succede in Argentina e nel mondo?
Non sono una persona disinformata ma non sono neanche una fanatica dell’informazione. Sono molto scettica su come sta andando il mondo soprattutto sul versante politico; vedo paesi che non hanno più governi indipendenti, costretti come sono da crediti. Nel campo sociale invece penso che sia bello che ci sia più libertà di scelta per le persone.
(01 Maggio 2005)
Sei rimasta incinta a 16 anni; la tua famiglia come l’ha presa?
La mia era una famiglia tradizionalista e io sono sempre stata
un’adolescente molto ribelle, con problemi di condotta e di studio. E’
stato difficile ma non una tragedia; già da quando avevo 12 anni era
successo che andassi via di casa, magari una settimana-dieci giorni, e
poi tornavo. Non mi piaceva studiare, non andavo a scuola. Poi ho
scoperto di aspettare la mia prima figlia, sono andata a vivere per
conto mio e ho cominciato a lavorare. Molti mi dicono che sono stata
coraggiosa ma non è così. E’ stata solo l’incoscienza, una virtù per me,
che mi sono portata dietro per tutta la mia vita e che metto in tutte
le cose che mi accingo a fare.
Come hai cominciato a disegnare?
L’ho fatto sin da bambina. Ho una specie di dono dovuto anche al fatto
che mia madre è architetta e ci ha sempre spinto a disegnare. A casa mia
non sono mai mancate matite e colori e quello di disegnare è stato per
me, che ero la penultima di sette fratelli, un modo per crearmi uno
spazio tutto mio. In realtà non ho mai frequentato una scuola d’arte o
un corso di disegno. Verso i 14 -15 anni mi sono pagata da sola alcuni
laboratori di ritratto dal vivo perché già mi ero resa conto che l’unico
modo per ritrarre una persona era dal vivo; a casa mi trattavano come
una pazza perché era un corso che si faceva di notte e c’erano anche
modelli nudi e quindi…… posso dire che ho imparato veramente con
l’esperienza. Quando sono rimasta incinta il padre del mio compagno mi
ha trovato un piccolo lavoretto per un inserto di una rivista……una cosa
piccolissima; dovevo impaginare gli annunci e un giorno per riempire un
buco ho fatto una vignetta. Hanno visto che ero brava e mi hanno dato
mezza pagina, poi una intera e alla fine disegnavo la copertina…
Quindi non è stata una passione quella del disegno…
No. Io non credo nella vocazione, nel mio caso perlomeno. E’ stata una
congiuntura di eventi. Il disegno è stata la cosa alla quale ho dedicato
più tempo perché era quella che mi permetteva di mantenermi e io avevo
maledettamente bisogno di guadagnare per mantenere la mia famiglia; i
miei genitori erano così arrabbiati con me che il mio orgoglio mi
impediva di chiedergli qualcosa. E’ certo che mi piace disegnare ma
ancora di più mi piacciono le idee e il disegno è, per me, un modo di
plasmare le idee. Ti dirò di più, penso che avrei potuto fare altre cose
nella vita altrettanto bene, se avessi avuto tempo da dedicargli. Per
me è chiaro che il disegno è il mio lavoro e che voglio mantenere
separato il lavoro dalla vita; quando ho del tempo libero io non
disegno, mi dedico ad altre cose, a cucinare, a curare il mio orto, a
giocare con mia figlia…
Ho letto che in un periodo della tua vita ti sei dedicata a disegnare fumetti erotici. Come è venuta fuori questa cosa?
Come ti dicevo avevo bisogno di lavorare perché nel frattempo avevo
avuto un altro figlio, a 19 anni, mi ero sposata, non con il padre della
prima figlia, e mi ero separata, a 23 anni. Tanto era il bisogno che io
disegnavo qualsiasi cosa: libri di cucina, libri per bambini, riviste.
Quando ho saputo che una casa editrice stava pubblicando fumetti erotici
mi sono presentata con le mie storie. Ho inventato vari personaggi,
quello che ricordo con più affetto è Coramina e mi fa molto piacere
incontrare qualcuno che mi dica che mi segue fin da quei tempi. E’ stata
un’esperienza interessante perché il desiderio era letto dalla parte
femminile. In generale in queste pubblicazioni la donna è un oggetto del
desiderio; nelle mie storie non era così: era la donna quella che
desiderava ed era tutto un gioco di seduzione. Erano storie molto calde e
piacevano agli uomini, soprattutto quando scoprivano che a scriverle
era una ragazza di 23 anni…… E’ stata una cosa divertente e che mi è
piaciuta anche per la scoperta del mio desiderio. In quel momento facevo
una vita molto sacrificata, da sola con due bambini, passavo tutto il
tempo lavorando e non mi succedeva mai niente…così in queste storie
mettevo tutto il mio mondo fantastico, tutto quello che avrei desiderato
che mi succedesse…è stata una specie di terapia e dopo ho detto a me
stessa “basta, è ora di vivere nel mondo! Cercati un ragazzo, una
ragazza, qualcosa!!”…
Da come ne parli questa è stata un’esperienza che ti ha segnato positivamente. Non pensi di tornare a scrivere fumetti erotici?
No. E’ un’epoca che è finita anche se mi è stata molto utile. Quando ho
cominciato a scrivere “donne a fior di nervi” avevo già superato
l’imbarazzo di dire quello che sente davvero una donna e in tema molto
difficile come quello del sesso. Quindi dover parlare di depilazione,
cellulite e tradimenti mi è sembrato una stupidaggine al confronto.
Come è nata questa tua vena umoristica ed ironica? E’ qualcosa di innato o l’hai sviluppata disegnando?
Questa è una cosa che ho chiara. E’ stato il modo per attirare
l’attenzione dei miei genitori. Avevo 6 fratelli. Mi ricordo questo
tavolo da pranzo enorme e mio padre seduto a capotavola con vicino mia
madre e poi tutti i miei fratelli in ordine di età; dal lato opposto del
tavolo c’eravamo noi più piccoli. Non avevamo alcuna possibilità di
parlare e di essere ascoltati. L’unico modo che avevo per essere presa
in considerazione era quello di dire qualcosa di divertente, di
interessante, di unico. In questa specie di lotta io trovai questa
maniera di richiamare l’attenzione e fu la maniera giusta: infatti
quando mia sorella maggiore si sposa e si libera il posto a sedere
vicino a mio padre, io avevo 12 anni e tre fratelli più grandi, lui mi
sceglie e mi fa mettere vicino a lui. I miei fratelli mi odiarono… e
giustamente!
Conosci il lavoro di Claire Bretecher? Ti ispiri in qualche modo a
lei? In che cosa si somigliano e in che cosa sono differenti le vostre
donne?
Ovviamente la conosco. Ho cominciato a leggere le sue cose a 18 anni e
mi si è aperto un mondo. Ho per lei un’ammirazione enorme e anche
affetto. Il suo disegno è perfetto, per me è la migliore di tutte. E’
stata un’influenza importante soprattutto perché mi ha fatto capire che
c’è un mondo di donne che può essere raccontato da donne e che è
interessante e divertente. Mi sono sempre piaciuti i fumetti ma nel
mondo del comic ci sono troppi supereroi e avventure; quante volte si
può leggere “La Ballata del Mare Salato”? E’ bellissimo e forse un uomo
può leggerlo all’infinito ma io…. Claire Bretecher mi ha fatto capire
che oltre alla finzione c’era qualcosa nella vita delle donne che valeva
la pena di essere raccontato.
Un’altra disegnatrice di cui ti volevo parlare è l’iraniana Marjane
Satrapi. Lei fa una cosa completamente diversa dalla tua ma è una donna
giovane che si sta facendo strada nel mondo del fumetto.
E’ molto brava. Penso che anche nel suo caso il lavoro stia funzionando
come una terapia e, tra l’altro, sta raccontando una storia molto
difficile. E’ positivo che ci siano sempre più donne che fanno questo
lavoro. Il mondo dell’illustrazione è pieno di donne e questo mi sembra
un momento speciale per loro.
Come sono le tue relazioni con le donne. Hai molte amiche?
Sì, ho sempre avuto molte amiche e buone relazioni con le donne. In
tutta la mia vita ci sono state perlomeno 4 o 5 donne con le quali ho
avuto delle amicizie speciali. Direi che sono le mie amiche storiche.
Ovviamente ci sono rapporti che mantengo da molti anni e altre amiche
nuove che si aggiungono. Per me l’amicizia è fondamentale, non c’è nulla
come una buona amica.
E con le tue figlie?
Con la piccola c’è ancora una relazione molto materna. Io sono stata
madre a 17 anni e poi a 37 anni e questo è molto differente. Con la mia
prima figlia avevo la mente proiettata in altre cose. Me la caricavo
sulla schiena come se fosse uno zaino… con Antonia invece sono più
riflessiva e me la godo di più. Mia figlia maggiore adesso ha 25 anni e
mi trovo molto bene con lei. E’ una persona che mi piace e c’è una
confidenza profonda tra noi; ci sentiamo libere di criticarci e di dirci
la verità.
Con tua madre, che è l’altra donna della tua vita?
Mia madre è una donna anziana e con una mentalità all’antica. In realtà
non mi ha mai voluto vedere come ero davvero. Pensa che ancora oggi mi
chiede perché non dipingo degli olii; per lei dovrei fare dei vernissage
invece di dedicarmi al fumetto. Non legge mai le mie vignette e anche
se le leggesse non le capirebbe. E’ una persona molto particolare; io la
capisco: ha avuto sette figli e non le piacevano i bambini; avrebbe
voluto dedicarsi alla sua carriera di architetto e non ha potuto. La
capisco, però, francamente, come madre non è stata un granché. Io ho
avuto fortuna in molte cose ma su questo no. Però è già passato. Vado
trovarla e cerco di essere affettuosa ma sinceramente lo faccio più per
lei che per me.
Le tue donne “a fior di nervi” fanno parte di una realtà molto
“occidentale” ed urbana e infatti tu hai molto successo in Europa, in
Nord America oltre che in Argentina e Brasile. Ma anche il Centro
America, che pure non è così urbanizzato, si sta interessando al tuo
lavoro. Che cosa c’è nelle tue vignette che risveglia interesse nelle
donne?
Penso che nel mio lavoro ci sia qualcosa di universale che ha a che
vedere con le relazioni umane, sentimentali, familiari, con l’amore e
con il corpo. Penso che tutte le donne del mondo hanno una scala di
valori molto simile, che siano felici e infelici per le stesse cose.
Magari poi abbiamo delle vite diverse. Il mondo è cambiato molto e il
fatto che alcune donne non abbiamo denaro non vuol dire che non abbiano
accesso all’informazione specialmente globalizzata come è ora.E tu come ti relazioni con quello che succede in Argentina e nel mondo?
Non sono una persona disinformata ma non sono neanche una fanatica dell’informazione. Sono molto scettica su come sta andando il mondo soprattutto sul versante politico; vedo paesi che non hanno più governi indipendenti, costretti come sono da crediti. Nel campo sociale invece penso che sia bello che ci sia più libertà di scelta per le persone.
Parliamo un po’ del tuo nuovo libro “Curve Pericolose” che è uscito
in Sud America in ottobre e che prossimamente uscirà in Italia. E’ un
lavoro differente dalle “donne a fior di nervi”…
Già dall’inizio era chiaro dentro di me che questo sarebbe stato un
libro differente. Non una raccolta, come erano stati i precedenti, ma un
libro speciale con tutte le vignette che avrei voluto fare e non avevo
mai fatto. E’ un libro che non parla solo di donne; c’è sì una visione
femminile del mondo ma le donne non sono più protagoniste; anche nel
titolo ho tolto il riferimento più diretto. E’ stato un lavoro di
composizione molto particolare: se lo guardi bene ha, ogni due pagine
affiancate, gli stessi colori e la stessa struttura. Anche il disegno è
più curato, non c’è più l’urgenza che c’era in precedenza, il tratto è
più preciso, il racconto è tutto centrato nei gesti, anche i testi sono
ridotti al minimo. Questo è il libro che davvero volevo realizzare e
l’ho fatto desiderandolo. Lo amo molto.
Hai detto che volevi confutare l’assioma che dice che “quanto meglio
ti va nella vita più devi lavorare”. Pensi di esserci riuscita?
Sì. Sono molto contenta del successo che ho avuto, che mi sta
permettendo di vivere così bene e mi sento a posto così. Sono tranquilla
con me stessa, non sono una drogata di popolarità e per questo ho
preferito tornare alla mia pagina settimanale piuttosto che rimanere
alla vignetta quotidiana. A me è andata bene e ora voglio far spazio ad
altri. Per rimanere sulla cresta dell’onda, in un lavoro come questo,
devi essere sempre nel centro della vita e io, che lavoro già da tanti
anni, sono un po’ stanca. Anche per questo ho deciso di venire a vivere
in un posto isolato come questo; è quello che voglio in questo momento,
nel futuro chissà…… Vedi, oltre casa mia ci sono 50 chilometri di
spiaggia deserta… potrei decidere di andare a vivere un po’ più in là.(01 Maggio 2005)
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