mercoledì 8 febbraio 2012

Frida Kahlo. Un inno alla vita

“Pies pa’ qué los quiero si tengo alas para volar”, a che mi servono i piedi se ho le ali per volare

 

E’ probabilmente nel 1953, dopo l’amputazione della gamba destra, che Frida Kahlo scrisse queste parole nel suo quaderno intimo. Uno stimolo a rilanciare, ad andare oltre la sofferenza, a trovare, come donna e artista, non solo una spinta ma anche una ragione a un patimento durato tutta la vita. Ma da questa terribile mutilazione, a cui pure reagirà con la consueta forza ed ironia, Frida non troverà la forza di uscire e morirà un anno più tardi, forse suicida.
Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderón, di cui quest’anno festeggiamo il centenario della nascita, era nata a Coyoacán, un sobborgo di Città del Messico, il 6 luglio 1907. Fu una donna segnata nel corpo dalle sofferenze, a partire dalla poliomielite, contratta a 6 anni, fino al grave incidente in cui rimase coinvolta, a 18 anni, che le procurò fratture alla spina dorsale, al bacino, al piede con conseguenze tragiche per tutta la vita. La leggenda che circonda la sua esistenza riferisce che sua madre, per spezzare la solitudine e l’immobilità dopo l’incidente, facesse installare uno specchio sopra il suo letto: così Frida iniziò a ritrarsi. Attraverso l’arte trovò la maniera di esorcizzare i suoi tormenti rappresentandoli, mettendo in piazza il suo dolore, studiandolo nei dettagli. I suoi quadri, bellissimi e atroci, ai limiti dell’orrore in alcuni casi, sono perlopiù autoritratti in differenti situazioni, con un’attenzione al dettaglio e al particolare, e una tecnica rigorosa che fanno della sua arte un unicum. Picasso in una lettera a Rivera scrisse “Né Derain, né tu, né io siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Kahlo”. Frida rifiutò caparbiamente la definizione che le venne data di artista surrealista: "Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni". Ma esplode in questa frase la sua istintiva ambiguità, la sua doppiezza e le contraddizioni che l’hanno segnata; perché se è vero che la sua vita le ha riservato sofferenze atroci è altrettanto vero che su questo tormento Frida ha costruito il suo personaggio, aiutata sicuramente dalla sua fortissima personalità e da un anticonformismo e una ribellione alle regole direi quasi genetici. Frida è doppia: è lei e la sua immagine; non a caso quando si ritrae dipinge se stessa in posa in uno specchio. L’incontro con Diego Rivera, muralista già famoso, che sposerà nel 1929 e che amerà in maniera quasi ossessiva fino alle sua morte, è, dal punto di vista della costruzione della sua identità/personaggio, un fatto centrale. Sulla relazione con il pittore più famoso del Messico Frida realizzerà la sua opera d’arte più significativa: la sua vita. E’ dal momento del suo matrimonio che inizierà ad indossare il costume tipico delle donne di Tehuantepec identificandosi con una donna “del popolo” e caratterizzandosi come messicana. Il suo corpo martoriato diventa così l’identità del suo paese.
E il Messico si appresta, nel centenario della sua nascita, a festeggiarla come una regina con un Omaggio Nazionale partito il 13 giugno nel Palazzo delle Belle Arti di Città del Messico: 120 opere, manoscritti, fotografie, documenti inediti, lettere che celebreranno “l’opera d’arte” Frida Kahlo che otto giorni prima di morire firmò il suo ultimo quadro e lo intitolò VIVA LA VIDA.

(24 agosto 2007)

Nessun commento:

Posta un commento