mercoledì 8 febbraio 2012

Ecuador. La Ministra dei movimenti

Intervista a Manuela Gallegos Anda, ‘Cittadina Ministra’, che difende gli emigranti ecuadoriani e ha rifiutato la limitazione della sovranità del suo paese esercitata con intromissioni nella politica interna e con basi militari.

Manuela Gallegos Anda, Ministra del Governo Correa con un incarico nel Sottosegretariato per i Popoli, Movimenti Sociali e Partecipazione cittadina e unica donna nel Bureau Politico di Alianza Paìs, mi riceve nel suo studio presso il Ministero, nel centro di Quito. Un quarto piano con vista sulla Plaza Mayor che non ha nulla di un Ministero a partire dall'entrata (in una galleria commerciale), dall'ascensore (che ondeggia pericolosamente) e dalla sua accoglienza calorosa ("diamoci del tu perché io non sono fatta per le formalità"). E' una donna aperta e riflessiva, tutta votata alla lotta ma politicamente molto più accorta di quanto non voglia far pensare. Colpisce la sua forza comunicativa, la sua voglia di raccontare e una certa sicurezza basata non solo sull'esperienza di attivista ma anche su un'elaborazione solida delle sue convinzioni.
Quale è la tua formazione?
Diciamo che ho una tradizione familiare di attivismo politico. Il mio bisnonno materno è stato uno dei primi sindacalisti in Ecuador e fondatore del Partito Comunista; mio padre, medico e uomo libero, ha speso tutta la sua vita nella politica ed è stato candidato per la sinistra nel 1968. Sono cresciuta in una ambiente culturalmente e politicamente ricco. Però non mi sono mai integrata nella vita politica istituzionale perché ho sempre pensato che fosse un ambiente troppo intellettuale. Penso che la cultura non sia solo analisi e ricerca intellettuale ma debba essere legata all'esperienza. Questo ha fatto sì che per un periodo mi sia allontanata da questo ambiente per cercare sola, tra la gente, la mia strada. Ho viaggiato molto e circa 20 anni fa ho aperto un ostello, il primo in Ecuador dedicato al turismo 'alternativo' (Posada del Maple) in un momento in cui questo paese non aveva una vocazione turistica ma era considerato solo un luogo di passaggio tra la Colombia e il Perù o una tappa obbligata per andare alle Galapagos. Questa impresa mi ha dato la totale indipendenza economica e quindi la libertà.
Come nasce il tuo impegno politico e sociale?
Per me è sempre stato importante considerarmi una cittadina. Circa 16 anni fa ho iniziato nel mio quartiere, La Mariscal, a lavorare nell'organizzazione del comitato di quartiere e mi sono resa conto che ci sono tante persone che hanno voglia di darsi da fare e devono solo trovare uno spazio e che il lavoro di base faceva per me. Le condizioni per una mia entrata nel mondo politico si sono verificate a partire da uno dei temi che ha sollecitato di più la mia attenzione: quello della dignità e della sovranità nazionale che qui in Ecuador viviamo in maniera molto intensa proprio perché, da sempre, abbiamo avuto imposizioni da parte di poteri esterni al nostro paese. Quando ci furono le penultime elezioni, nelle quali si confrontavano Gutierrez e Noboa, decisi di andarmene per un periodo perché fosse chiaro che io non avevo votato per nessuno dei due. Ero disgustata. Quando tornai, Gutierrez si era insediato e aveva già eluso tutte le promesse e i patti preelettorali consegnando il paese al neoliberismo statunitense. E' stata questa indignazione che mi ha dato l'energia per impegnarmi nella protesta sociale: abbiamo portato avanti una lotta prima a livello municipale, nell'Assemblea cittadina, e poi a livello nazionale. Per farla breve ho avuto l'opportunità di conoscere Correa, che era stato Ministro dell'Economia del governo di transizione di Palacio, da cui poi era uscito per inconciliabilità; dentro Assemblea Democratica Nazionale (ADN) mi sono trovata d'accordo con la sua visione di creare un nuovo movimento e così ADN è stata una delle 4 formazioni che hanno creato Movimiento PAIS che poi ha vinto le elezioni.
Come è nato e che cosa è il Sottosegretariato per i Popoli, i Movimenti Sociali e la Partecipazioni Cittadina che dirigi?
Credo che sia la più alta espressione della nuova politica in Ecuador. E' il motore della rivoluzione cittadina. E come cittadina risponde ad uno dei miei desideri. Avrei voluto aiutare il movimento lavorando sui diritti di cittadinanza e, contemporaneamente, Rafael (Correa ndr) stava pensando ad una istituzione che potesse lavorare con le differenti nazionalità indigene; sembra che questo suggerimento glielo abbia dato Lula (Luis Ignacio Lula da Silva - Presidente del Brasile - ndr). Da queste nostre coincidenze è nato questo spazio. A mio parere non abbiamo mai vissuto la democrazia semplicemente perché un popolo affamato, che non ha accesso all'educazione, alla salute, all'informazione non ha gli strumenti per decidere democraticamente. E questo è quello che cerchiamo di fare: costruire cittadinanza. Far conoscere agli ecuadoriani i propri doveri e i propri diritti. Abbiamo un dipartimento che si occupa di formazione - una specie di scuola di cittadinanza -, uno di volontariato - perché crediamo che ogni cittadino debba lavorare per la propria comunità - e un altro di controllo cittadino - in un paese così corrotto gli stessi cittadini devono esercitare un controllo sul pubblico. A questo, prossimamente, si unirà una direzione che si occuperà di proposte provenienti dalla gente comune per aiutare le persone o le associazioni a realizzare progetti di miglioramento del paese. Un'altra parte del nostro lavoro riguarda il rafforzamento istituzionale e consiste nell'appoggiare i gruppi e le comunità. L'obiettivo di fondo è quello di coordinare e rafforzare le organizzazioni.
Vi è stata mossa la critica di voler, in questo modo, manipolare il consenso. . .
Se volessimo potremmo manipolare la popolazione. Ma credo, ed è quello che cerco di fare, che abbiamo invece il dovere di risvegliare le coscienze e far si che le decisioni siano prese dagli individui; e questa è la vera rivoluzione. A me non interessa il potere e non mi candiderò alle prossime elezioni; mi interessa il lavoro dal basso e per questo ho il dovere di mantenere una visione più ampia possibile e aprire la porta a tutti. Il nostro paese ha bisogno di cultura e di conoscersi. Abbiamo creato una linea di fumetti che affronta il tema importantissimo dell'identità nazionale: dobbiamo avere la forza di rompere con il colonialismo, anche quello culturale, che fa sì che il nostro popolo resti a testa bassa. Anche il movimento indigeno ha le sue colpe in questo quando cerca di far risalire la storia dell'Ecuador all'arrivo degli Inca che, in realtà, furono i primi colonizzatori di questo paese.
E le donne?
Da sempre ho avuto una personalità molto definita, forte e indipendente. In questo è stata fondamentale la figura di mia madre che, al contrario di mio padre, viene da una classe sociale molto popolare e ha sempre dovuto confrontarsi con problemi economici ed essere indipendente sin dall'infanzia. Si è laureata nel primo gruppo di infermiere in Ecuador. E' stata una persona molto forte che con la sua vita mi ha fatto comprendere che essere donna non è una debolezza. Le problematiche legate al ruolo e alla posizione della donna nella società le ho apprese da sola durante il mio processo politico personale. Non credo in tutto ciò che è verticale e patriarcale e per questo ritengo sacrosanta ogni lotta, non solo delle donne, ma degli individui, per i diritti e la libertà della persona. Penso però che i cambiamenti si fanno nella strada, nell'azione, che bisogna cambiare la società dal basso. Sono per la rivoluzione permanente e questo è tanto più vero per le donne. Devo però muovere una critica ad alcune organizzazioni femminili, in particolare il CONAMU (Consejo Nacional de Mujeres) che invece sono diventate apparati burocratici e non fanno un buon servizio alla parte femminile di questo paese.
La nuova Costituzione dell'Ecuador è stata chiamata del 'sumak kawsay', concetto indigeno traducibile come buon vivere che non ha lo stesso significato di benessere . . .
Quando l'ho letta per la prima volta interamente mi è sembrata un libro meraviglioso malgrado le ovvie imprecisione che contiene. Il benessere è un concetto che possiamo riportare alla società capitalista e che ha a che vedere con il consumo. Il buon vivere invece è legato al concetto di felicità, di armonia, di solidarietà, di relazione con la natura, di coscienza di vivere in una società che funziona. Molti giuristi hanno detto che siamo pazzi ma io penso che la legge debba essere fatta per le persone e non sulle persone.

(24 marzo 2009)

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