mercoledì 8 febbraio 2012

Estela Carlotto

"Quando il 24 marzo 1976 le Forze Armate argentine salgono al potere con un colpo di stato, Estela Carlotto è una tranquilla signora, un’insegnante, sposata con quattro figli."


Laura era una ragazza molto bella e una bambina che ha vissuto di fretta come se sapesse che la sua vita sarebbe stata molto breve. Si è sposata a 18 anni e suo figlio è nato quando ne aveva 21. In una delle ultime conversazioni che abbiamo avuto le chiesi con tutto il mio cuore che scappasse dal paese, avevo paura che la uccidessero come poi è accaduto, e le sue parole sono state ‘mamma nessuno vuole morire, tutti abbiamo un progetto di vita però sappiamo che molti di noi moriranno e la nostra morte non sarà inutile.
Estela Carlotto

Quando il 24 marzo 1976 le Forze Armate argentine salgono al potere con un colpo di stato, Estela Carlotto è una tranquilla signora, un’insegnante, sposata con quattro figli. Se ripensa a quei tempi dice di sé: “Ero direttrice di una scuola, ho sempre cresciuto i miei figli con libertà, non mi sono mai piaciute le ingiustizie ma non ero una donna attiva”. Ma quando, un anno dopo, suo marito viene sequestrato dalle forze armate e rilasciato solo dopo un riscatto di 30.000 dollari, e soprattutto quando scompare sua figlia Laura, si trasforma completamente: “Sono cambiata; ho appreso da Laura e dagli altri miei figli una lezione molto forte rispetto all’atteggiamento da tenere verso le ingiustizie: è un insegnamento che non dimenticherò mai, anzi che interiorizzo sempre più”.
Nella ricerca incessante, prima di sua figlia che le sarà restituita cadavere, e poi di suo nipote Guido, nato in un campo di concentramento e tuttora desaparecido, incontra un mondo sconosciuto fatto di ricatti, promesse non mantenute, minacce, disperazione; e conosce un gruppo di donne, madri come lei, che come lei stanno cercando i loro figli e loro nipoti: “A quell’epoca eravamo molto innocenti; preparavamo un corredino per i nostri nipotini convinte che ce li avrebbero restituiti e che li avremmo cresciuti aspettando il ritorno dei loro genitori”. Dall’incontro di queste ‘madri alla ricerca’ nasce l’Associazione delle Madres e poi delle Abuelas de la Plaza de Mayo che celebra i suoi trenta anni: “Il bilancio di questi 30 anni di lotta è molto positivo per tante differenti ragioni. Il movimento delle Abuelas è nato come conseguenza di una dittatura militare e quindi di un dolore enorme, quello della sparizione dei nostri figli, delle nostre figlie e dei nostri nipoti, nati in luoghi a noi sconosciuti e che abbiamo sempre sperato di ritrovare al più presto. Il nostro obiettivo è stato sempre quello di recuperare due generazioni. Per ognuna di noi l’impatto con il dolore è stato tremendo, la ricerca è stata solitaria nei primi anni e anche molto rischiosa perché noi stesse potevamo sparire. Poi ci siamo incontrate e ci siamo prese per mano provando a percorrere una strada molto penosa: ci siamo dovute rendere conto che i nostri figli e le nostre figlie non sarebbero tornati e che i nostri nipoti non ci sarebbero stati consegnati. La fratellanza che ci lega è inalterabile, fortissima è la solidarietà femminile che ci unisce e che ci fa passare sopra le tante differenze; qualcuna di noi già non c’è più, altre sono malate ma noi andiamo avanti per tutte con l’obiettivo di non cedere mai finché potremo”. Dalla forza di queste donne che hanno urlato per far conoscere le loro storie si è propagata una eco tale da coinvolgere il mondo intero e, da qualche anno, sono cominciati, in Argentina e anche in Italia, i processi contro chi si è macchiato di quegli orrendi crimini. “Durante questo lungo cammino non abbiamo mai smesso di lottare e abbiamo sempre avuto la forza di andare avanti: nel periodo della dittatura e anche dopo occupando simbolicamente la Plaza de Mayo ma, allo stesso tempo, facendoci sentire in tutto il mondo. La nostra associazione ora è ben organizzata e ha raggiunto un prestigio internazionale perché abbiamo sempre mantenuto un forte rispetto per l’altro. Le nostre accuse sono sempre state circostanziate e autentiche, cercando di proteggere i nostri nipoti che sono vittime innocenti. Però abbiamo mantenuto sempre la nostra forza implacabile per far emergere la verità e portare in giudizio chi ha assassinato più di 30.000 persone e ha rubato 500 bambini. Oggi si sono unite a noi persone giovani e preparate che potranno continuare a portare avanti questa battaglia dopo di noi; si tratta di persone che hanno una alta professionalità: sono psicologi, genetisti, ricercatori, esperti informatici, comunicatori”. E per i prossimi 30 anni signora Carlotto? “Sicuramente andrà avanti la ricerca dei trentamila scomparsi. Poi mancano ancora all’appello 400 bambini; abbiamo recuperato solo 88 dei nostri nipoti. Questi ragazzi sono cresciuti, sono uomini e donne. Durante questi anni ci siamo preoccupate di non lasciarli soli nella loro crescita; abbiamo messo in atto varie strategie per accompagnare i cambiamenti, strategie che abbiamo diretto alla società intera ma che erano indirizzate a questi desaparecidos in vita che non sanno che c’è una famiglia che li sta cercando”.


(31 marzo 2008)

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