domenica 16 dicembre 2012

Il Nicaragua nel cuore

Poetessa e scrittrice nicaraguense, guerrigliera e protagonista della rivoluzione sandinista del 1979, femminista e sensuale. Gioconda Belli, latinoamericana di origini italiane che vive negli Stati Uniti, è una donna abituata a rompere gli schemi, a sottrarsi ai ruoli assegnati dalla famiglia, dalla società, dalla politica. Con un amore grande e assoluto: il suo paese


Cosa rappresenta il Nicaragua per lei?
Il Nicaragua è il mio cuore, il Nicaragua è nel mio cuore. È forse una maniera molto banale di dirlo ma è quello che sento e non ho un’altra maniera di esprimerlo. Quando torno nel mio paese, quando comincio a scorgere il paesaggio, quando osservo il panorama verdeggiante sento che la mia anima ritorna nel corpo; che il mio corpo si trasforma nel paese che ho davanti agli occhi. Mi fanno male le ossa, il cuore, addirittura i capelli quando avverto che sta arrivando la pioggia. Sento un’identificazione profonda con la terra nicaraguense, una relazione simbiotica. “Quando lascio il mio paese inizio a morire” dice lo scrittore colombiano Alvaro Mutis, ed è esattamente quello che provo. Il Nicaragua è la fonte della mia vita, della mia poesia, della mia ispirazione. Con la sua abbondanza di vulcani e di acqua rappresenta la passione e la tranquillità. So che non avrei potuto scegliere da sola un luogo che fosse più consono alla mia maniera di concepire la vita.

Nicaragua vuol dire anche rivoluzione sandinista, una passione politica in cui lei è stata una protagonista convinta, partigiana ma mai omologata. Adesso è fortemente critica verso il governo di Daniel Ortega che è stato suo compagno di lotta nel Frente sandinista
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Il Nicaragua è il paese di Sisifo: ci sforziamo di spingere un macigno verso l’alto ma torna sempre giù. Il problema più grande del regime che sta costruendo Daniel Ortega è che si stanno creando tutte le condizioni per controllare il paese, mantenere il potere il più a lungo possibile ed evitare che si formi un’opposizione compatta che possa impegnarsi in maniera democratica. Stiamo quindi assistendo alla nascita di una dittatura. Però penso che dobbiamo continuare ad avere speranza e fiducia. In America latina si stanno diffondendo una serie di governi che, malgrado un certo grado di autoritarismo e un’ovvia perfettibilità, stanno raggiungendo l’obiettivo di dare alla gente più povera, emarginata, che mai nulla ha potuto, l’accesso alla salute, all’educazione e una speranza in un futuro migliore. Dalle persone che stanno beneficiando di queste politiche di inclusione verranno fuori i leader che rinnoveranno questi stessi governi rendendoli realmente democratici. Questa è la mia speranza.

Le donne sono le protagoniste principali dei suoi romanzi con la loro passione, sensualità, forza ma anche con i dubbi e la conflittualità verso i loro omologhi maschi con cui devono confrontarsi. A quale dei suo personaggi è più legata?
Mi identifico con le mie protagoniste ma devo necessariamente mettere una distanza tra me e loro perché possano avere una personalità propria e vivere delle storie che non siano le mie. È come se fossero figlie mie ed è impossibile prediligere un figlio. Però uno dei libri che mi ha dato più piacere scrivere è stato “L’infinito nel palmo della mano” (Feltrinelli): la storia di Eva che si è caricata dal principio di tutte le colpe dell’umanità allontanando il genere umano dal paradiso terrestre. Sulla sua immagine è stato costruito, sin dai tempi antichi, l’archetipo femminile: Eva è giunta fino a noi come una donna curiosa, immatura, istintiva che ci ha condannati a morte e ci ha portato fuori del Paradiso. Si tratta di una rappresentazione ingiusta contro la quale mi sono ribellata. Ritengo invece la sua profonda umanità non solo seducente, ma sapiente sotto molti punti di vista. Ho cercato di riscattare Eva in una novella in cui decostruisco la mitologia maschilista che nega l’evoluzione. Penso che in questo senso sia un libro rivoluzionario.

Nel suo ultimo libro “Nel paese delle donne” (Feltrinelli) immagina un mondo governato al femminile ed esplora la relazione tra donne e potere. È un romanzo politico e provocatorio che infatti ha irritato tante donne
Ancora oggi le donne che arrivano ad esercitare il potere si comportano come uomini e questo è il motivo per cui ho scritto ‘Nel paese delle donne’. Quando ci si propone di arrivare ad una posizione di governo sarebbe necessario fare prima una riflessione profonda su cosa significa esercitare il potere in una maniera differente, in una maniera femminile. E avere chiaro che ciò comporta sempre una sfida aperta al potere maschile. Nel libro, che rappresenta un’utopia femminile, prendo in giro tutte le convenzioni tradizionali e conservatrici che ‘stabiliscono’ come deve essere una donna al potere e metto in campo una serie di questioni fondamentali che hanno a che vedere con la nostra crescita personale, con le radici del nostro modo di concepire il mondo, con la nostra infanzia. È proprio lì che dobbiamo entrare per cambiare il punto di vista e l’interpretazione del mondo. È stato un esercizio intellettuale in cui ho immaginato delle donne che decidono di alterare il potere ed esercitarlo in forma materna, femminile, sessuata. Viviana Sansòn, la presidentessa, dice alle sue compagne di avventura: “Io immagino un partito che dà al suo paese ciò che una madre dà a un figlio, che se ne prenda cura come una donna si prende cura della sua casa”. È quasi uno scherzo ma il messaggio profondo che ogni donna può cogliere è che bisogna femminilizzare il potere, l’unica maniera di salvare il nostro pianeta. Riformare e rivoluzionare il potere vuol dire trasformare la maniera di esercitarlo e questa chiave è in mano alle donne.

La cura, vista come espressione alta del senso materno, come capacità di entrare in relazione, in empatia con il mondo, si intravede spesso nelle pagine da lei scritte ed è riconducibile al legame con la Madre Terra, anche qui femmina, riscoperta attraverso una visione propria dei popoli originari che abitavano l’America latina prima della conquista da parte dei colonizzatori spagnoli. Quanto è importante l’influenza di questa concezione del mondo nella sua visione della vita e dei rapporti interpersonali?
La cultura indigena ha avuto una grande influenza su di me. Una delle cose che mi ha maggiormente turbato e che mi ha portato a mettere in discussione la realtà in cui vivevo, è stato scoprire che la storia che ci avevano raccontato sulla coesistenza pacifica tra i colonizzatori spagnoli e la popolazione indigena era una bugia e che invece c’era stata una resistenza tremenda da parte della popolazione ancestrale. La lettura di alcuni cronisti spagnoli mi ha aperto gli occhi sulla storia delle donne che non volevano più fare l’amore con i propri compagni per non generare figli che sarebbero stati schiavi degli spagnoli. Ho iniziato a studiare il ruolo delle donne in queste società e ho scoperto delle cose molto interessanti. Nella religione mesoamericana non c’è un Dio uomo ma ci sono delle coppie di dei, uomo e donna. È quindi presente un mondo più bilanciato, più equilibrato tra gli elementi maschili e quelli femminili. Questa idea per me è fondamentale nella costruzione di una società più giusta, per poter pensare e progettare un mondo differente. Questo ha influenzato il mio lavoro di scrittrice sia nell’ispirazione che nella responsabilità che si manifesta nella ricerca dell’armonia tra il punto di vista etico e quello estetico. Questa tensione che esiste tra gli uomini e le donne, questo bilanciamento, può produrre una relazione più equa che può dare felicità ed equilibrio alla stessa umanità.

La rivoluzione sandinista del 1979 ha segnato profondamente la sua vita. È stata una grande gioia e una grande delusione. Lei scrive nella sua biografia “Il paese sotto la pelle” (edizioni e/o): "Tuttavia nessuno può convincermi che il piacere che inizia e termina con se stessi possa minimente paragonarsi all’esaltazione e alla profonda gioia di quando si cerca di cambiare il mondo”. La pensa ancora così?
Definitivamente si. Io sono ottimista. Credo che gli esseri umani vorrebbero che tutti i loro sogni si compissero durante la loro vita ma la storia è un processo molto lungo ed è assai probabile che non potremo assistere alla realizzazione dei nostri sogni. Ma è necessario vivere con la consapevolezza che le nostre azioni avranno un impatto anche al di là di noi, nel futuro, e dobbiamo fidarci della saggezza e della capacità di sognare che lasciamo agli altri.

Pubblicato su D di Repubblica online

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